sabato 31 marzo 2012

STORIA DELLA LINGUA POLACCA

Torniamo alla storia.
Nell'europeo occidentale, l'immagine della lingua polacca è quella di una lingua impronunciabile (in realtà è la lingua che,  dopo il rumeno, dal punto di vista fonetico, più si avvicina all'italiano, ancor più del francese o dello spagnolo), priva di vocali (altra cosa non vera, in polacco ci sono ben 8 vocali!) e impossibile da imparare per un latino (falso! io parlo polacco e sono italiano al 100%). Tenendo fuori i pregiudizi, il polacco grammaticalmente presenta tre tempi all'indicativo, presente, passato e futuro e due aspetti, perfettivo e imperfettivo (non esiste né il congiuntivo, né il gerundio, ma solo condizionale, participio, imperativo e ovviamente infinito). Introduco un attimo il discorso degli aspetti, senza dubbio il più ostico per un parlante non slavo. Il verbo in italiano, come in inglese, in francese, in spagnolo o in tedesco, si sviluppa principalmente sull'asse temporale. Importa quindi QUANDO si svolge l'azione e non COME. Viceversa nelle lingue slave si sottolinea se l'azione si è conclusa o meno. Il perfettivo (azione già svolta o conclusa o che si concluderà) al presente si traduce col futuro semplice; al passato invece o col passato prossimo italiano o col passato remoto. L'imperfettivo invece indica che l'azione non è definita: al presente traduce il presente indicativo o il gerundio presente italiano, al passato traduce l'imperfetto o il gerundio passato. All'infinito si usa per formare il futuro, un futuro tuttavia non certo, una previsione che traduce il futuro semplice o in alcuni casi il futuro anteriore delle lingue neolatine. Solo al passato, il verbo concorda, oltre che con la persona, e col tempo come in italiano, anche col genere; cambia cioè se l'azione è svolta da un maschio, da una femmina oppure da un soggetto neutro. Il sostantivo invece è più semplice: il polacco non ha l'articolo (come non ce l'aveva il latino) ma applica, così come in latino cinque declinazioni di sette casi ciascuno: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, strumentale, prepositivo (o locativo) e vocativo. L'aggettivo, come in italiano, concorda in genere, numero e caso col nome cui si riferisce. Di nuovo per un latinofono c'è che il polacco declina anche i numeri da 0 a infinito.
Filologicamente il polacco è una lingua slava occidentale, i cui parenti più stretti sono il ceco, lo slovacco, il casciubo e il ruteno. Queste ultime, insieme al polacco, ad altre lingue lechitiche e, ad alcune altre parlate nella regione a nord di Mosca, facevano parte, a detta di alcuni studiosi, del gruppo slavo settentrionale: quest'ultimo, seppure sia mai esistito, è comunque da considerarsi estinto, sia per le modificazioni avvenute all'interno del polacco e delle lingue lechitiche, date da numerose influenze latine e germaniche (il latino è arrivato grazie ai vescovi di Roma che hanno cristianizzato la Polonia e la Slavia occidentale), sia per l'estinzione di quest'ultimo gruppo, le lingue lechitiche appunto, delle quali restano solo il polacco, il sòrabo, il casciubo e il rutèno.
Il polacco, come tutte le lingue slave occidentali ad eccezione del ruteno (che usa il cirillico), scrive in alfabeto latino, con alcune aggiunte che portano il numero delle canoniche 21-26 lettere a 33. Il polacco come lingua letteraria è coevo dell'italiano: la lingua è stata infatti normalizzata tra il XV e il XVI secolo e l'ortografia è frutto di pura convenzione. Dopo l'estinzione dello Stato polacco, a partire dal 1795 fino al 1918, l'uso scritto del polacco veniva spesso proibito e sopravvisse solo grazie ai poeti e agli autori del periodo letterario della "Wielka Emigracja", cioè la "Grande Emigrazione", e del Romanticismo. Oggi il numero di studenti di polacco cresce. Questo è dovuto sostanzialmente a due fattori: il ritmo sostenuto della crescita dell'economia polacca, per porta molte aziende straniere ad investire nella terra natale di Chopin, Copernico e Giovanni Paolo II, sia per l'ingresso, nel 2004 della Polonia all'interno dell'Unione Europea. Nel nostro Paese è possibile studiare polacco nei corsi di laurea triennali delle Università di Roma (La Sapienza), Roma (Tor Vergata), Venezia, Milano (Statale), Udine, Padova, Bologna, Torino, Firenze, Genova e Napoli (Orientale), mentre quanto alle lauree specialistiche sempre a Roma (La Sapienza), Roma (Tor Vergata), Bologna, Firenze, Torino, Genova, Napoli (Orientale) e Milano (Statale).

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