venerdì 13 luglio 2012

EURO 2012: COSA HA SIGNIFICATO PER LA POLONIA?

Care lettrici, cari lettori.
Chiedo scusa per la lunga assenza, manco da ormai più di due mesi, dovuta fondamentalmente a esami universitari e problemi personali. Oggi ripartiamo parlando di sport e di calcio. Ci poniamo infatti la domanda: cosa ha significato per la Polonia Euro 2012?
La risposta è naturalmente tanto. Ha significato tanto in termini turistici: non si può infatti dire che la Polonia sia una meta "in". Il turismo, come tutte le attività economiche, risente molto della moda e non si può dire che sia di moda farsi le ferie nel Paese di Giovanni Paolo II. Ma il calcio, lo dico da sportivo e da tifoso, fa miracoli. Euro 2012 ha portato in Polonia migliaia di turisti che, cogliendo l'occasione delle partite di calcio, avranno certamente utilizzato del tempo per visitare il centro di Varsavia, Danzica, Poznań o Breslavia. Questo, tradotto nel linguaggio post-industriale dell'economia, significa profitti e giro d'affari: giro d'affari chiaramente milionario. I quattrini spesi per costruire stadi, alberghi e infrastrutture, che in Polonia vengono realizzate molto più velocemente che nel nostro Paese, hanno messo in moto l'economia e sono stati subito ripagati dal grande afflusso di turisti, che nel mese di giugno hanno pacificamente invaso la Polonia.

mercoledì 25 aprile 2012

METEO - POGODA

Roma: parzialmente nuvoloso
min. 9°C max. 20°C

Venezia: parzialmente nuvoloso
min. 10°C max. 16°C

Varsavia: nuvoloso
min. 8°C max. 17°C

CRACOVIA

Cari lettori, care lettrici,

ritornando nell'ambito strettamente turistico, oggi vorrei parlarvi della seconda città polacca in ordine di grandezza (circa 1 milione di abitanti, che come agglomerato tuttavia è soltanto la terza). Questa città è Cracovia. 
Capitale polacca fino al 1609, quando Sigismondo III trasferì la corte a Varsavia, Cracovia viene citata per la prima volta nell'VIII secolo, in relazione al battesimo del principe dei Vistoliani. Il nome tuttavia risale al 966, anno ufficiale della cristianizzazione della Slavia. La storia altomedievale della città termina nel 1241. Ricostruita nel 1257, divenne la capitale polacca fino al 1609, quando Sigismondo III trasferì la capitale a Varsavia per ragioni geografiche, essendo all'epoca al centro del Paese. Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale infatti la Polonia si trovava molto più ad Est di quanto non si trovi oggi: comprendeva infatti l'attuale Bielorussia e la Lituania. Il trasferimento della corte significò per Cracovia l'inizio di un graduale ma inesorabile declino. Dopo la Seconda Guerra Mondiale Cracovia si mantenne intatta (nonostante le deportazioni naziste colpirono anche questa zona), a differenza di Varsavia, che fu completamente distrutta e perse il suo splendore che gli valeva l'appellativo della "Parigi dell'Est. Cracovia è tristemente famosa, durante la Guerra Fredda, per la costruzione di Nowa Huta, la città ideale comunista, costruita per essere un'acciaieria, fatta di viali e servizi sociali essenziali per una società. I polacchi si batterono per l'edificazione di una chiesa che avvenne grazie a Karol Wojtyła, quando era arcivescovo della città: era un simbolo di forte opposizione al regime comunista.
Oggi Cracovia, come le altre città polacche, è in continua fioritura. Il suo centro storico, proclamato nel 1978 dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità mischia sapientemente lo stile gotico, con quello rinascimentale e barocco. Rynek Główny, la piazza principale, è la piazza medievale più grande d'Europa con 200 metri di lato. L'Università Jagiellonica, la più antica d'Europa tra quelle situate a nord delle Alpi, è meta di studenti Erasmus e internazionali in genere, che scelgono di studiare della "Firenze del Nord". E' una città giovane, studentesca, che non dimentica il passato. Il quartiere ebraico di Kazimierz è una tappa obbligata per chi visita Cracovia, Kraków" in polacco.
La città è dominata dalla collina di Wawel, che con il suo fantastico castello regala un panorama mozzafiato, quale è quello della valla dell'alto corso della Vistola. Il cortile del Castello di Wawel è in stile rinascimentale italiano, costruito dagli architetti fiorentini Francesco della Lora e Bartolomeo Belecci e infine la cattedrale, che richiama la Basilica di San Pietro, in stile barocco. Da visitare è la Cattedrale di Santa Maria, situata pieno centro della Piazza del Mercato e la chiesa di Sant'Adalberto, un pregevole gioiello dell'architettura gotica. La chiesa dei Santi Pietro e Paolo in stile barocco, attorniata dalle imponenti 12 statue dei Santi Apostoli e la chiesa di San Floriano, santo patrono della Polonia sulla ulica Warszawska o ulica Królewska, tradotte Strada di Varsavia o Reale, perché era appunto l'arteria principale del Regno di Polonia. Di stile rinascimentale è l'architettura civile, il Palazzo dei Tessuti datato XV secolo e la Wieża Ratuszowa , la torre del municipio, in stile gotico, che risale al XIII secolo.
Legati a Cracovia sono tre grandi personaggi della cultura polacca: Wisława Szymborska, poetessa scomparsa lo scorso 1° febbraio, Karol Wojtyła e Nicolò Copernico. 
Il clima della città è più mite rispetto a quello della capitale: gli inverni non conoscono le picchiate fino a -30°C della capitale, raramente si scende al di sotto dei -15°C e possono regalare, grazie ad una sorta di foehn, giornate molto miti con temperature fino a +15°C. Le estati invece tendono ad essere più fresche e meno afose rispetto a quelle della capitale e le brezze montane permettono di sopportare facilmente le temperature normalmente intorno ai 30°C. 

venerdì 6 aprile 2012

BREVE "FACT FILE" SULLA POLONIA

Nomenclatura ufficiale: Rzeczpospolita Polska (dal 1990)
Capitale: (Varsavia, c.a. 2.000.000 di abitanti)
Emblema: Aquila bianca su sfondo rosso scudati.
Lingua Ufficiale: Polacco
Religione: Cattolica (presenti minoranze ortodosse, ebraiche e musulmane)
Abitanti: 38.200.037 (6° Paese europeo per popolazione dopo: Germania, 85 milioni; Francia 64 milioni; Italia 62 milioni; Regno Unito 58 milioni; Spagna 40 milioni; 34° Paese al mondo per popolazione).

Moneta: Złoty (1 PLN = 0,25 cent Eur)
PIL pro-capite: ca. 18.000 €
ISU: 0,795 (molto alto)
Crescita annuale media: +4,5% (GUS, Główny Urząd Statystyki 2011)
Economia nell'UE: 5° posto (Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Polonia, Spagna)

Clima: Temperato - Continentale Umido (escursione termica gennaio/luglio a Varsavia -10°C/+23°C)

Ingresso all'ONU: 25 settembre 1945
Ingresso nell'UE: 1° maggio 2004
Partiti Politici principali: PiS (destra estrema), PO (centro-destra), PSL (centro-sinistra), SLD (sinistra), RP (sinistra estrema)
Indipendenza: 11 novembre 1918

LECH WAŁESA

Vi voglio parlare oggi di un grande della storia polacca ed europea, che io considero uno dei più grandi personaggi viventi. Ebbi l'onore di conoscerlo nell'ottobre del 2010 a Danzica, quando presi parte ad un progetto dal titolo Pokolenie Solidarności ovvero "Generazione Solidarietà". Un uomo semplice, innamorato della vita e della sua famiglia, è sposato con Danuta dal 1968 e ha otto figli. Un uomo che ha dedicato e rischiato la vita per la sua Nazione, affinché la Polonia tornasse ad essere libera.
Costui si chiama Lech Wałęsa, premio Nobel per la pace nel 1983, nello stesso anno in cui in Polonia fu revocata la legge marziale. Un elettricista, che sin da giovane si fece promotore dei diritti dei lavoratori all'interno del sindacato Niezależny Samorządny Związek Zawodowy Solidarności , che significa "Sindacato Autonomo e Indipendente di Solidarietà", il cui progetto politico si ispirava alla dottrina cristiano-sociale. Era il più popolare sindacato (all'inizio illegale), che si confrontava e spesso si scontrava col Partito Comunista Polacco, unico partito legale in un Paese che di fatto era uno Stato fantoccio dell'Unione Sovietica. Lech era fortemente legato alla figura di Papa Wojtyła, che incontrò diverse volte. Ma Lech lo ricordiamo soprattutto per una lunga serie di scioperi a Danzica, nei cantieri navali (Danzica, nel nordovest della Polonia, è la quarta città del Paese e dopo Lubecca e Stoccolma è il terzo porto del Mar Baltico), il primo dei quali nel 1970, che si concluse tragicamente: 80 operai furono uccisi dalla "Milicja" (così si chiamava la Polizia all'epoca). Lech per il suo comportamento "anti-socialista" fu arrestato. Nel 1976 perse il lavoro ai cantieri navali per aver raccolto delle firme per una petizione in favore dei lavoratori uccisi. Nel 1978, assieme a Andrzej Gwiazda e a Aleksander Hall, fonda la Wolne Pomorskie Związki Zawodowe , l'associazione dei sindacati liberi di Pomerania. Nel 1979 viene arrestato più volte con l'accusa di comportamenti anti statali, ma venne rilasciato nel 1980 per insufficienza di prove.
Gli eventi dell'agosto 1980 ai cantieri navali di Danzica furono cruciali. Lo sciopero non fu più un episodio isolato, bensì preso a modello per molte altre libere manifestazione in tutta la Nazione e, qualche giorno dopo, Lech convince i lavoratori in procinto di lasciare Danzica a rimanere lì e a fondare il Międzyzakładowy Komitet Strajkowy per condurre e supportare lo sciopero generale in Polonia e quest'iniziativa ebbe successo. Il mese successivo Solidarność fu legalizzata fino all'anno successivo, quando Segretario Generale del Partito Comunista polacco divenne il Generale Wojciech Jaruzelski, il quale dichiarò il 13 dicembre 1981 lo stato di legge marziale. Lech fu internato per 11 mesi nel sudest della Polonia, alla frontiera Sovietica. Fu rilasciato nel 1982. L'anno successivo fu insignito nel premio Nobel per la pace, ma non poté recarsi a Stoccolma per ritirarlo, temendo di non poter rientrare più in Patria. Lasciare la Polonia negli anni '80 era quasi interdetto. Sua moglie Danuta ritirò il premio al posto suo donando il corrispettivo in danaro ai quartieri generali di Solidarność, temporaneamente in esilio a Bruxelles. Nel 1987 Solidarność divenne semi-legale. Nel 1988 fu indetto uno sciopero generale per chiederne la completa legalizzazione. Nel 1989 furono organizzate le prime elezione semi-libere della storia del Paese e nel 1990 Lech divenne Presidente della Repubblica Polacca (e non "di Polonia", come era la nomenclatura ufficiale negli anni della Guerra Fredda) e scelse di affidare la Presidenza del Consiglio a Tadeusz Mazowiecki. La legislatura durerà fino al 1995 (in Polonia una legislatura dura, così come in Italia, cinque anni). Nel 2000 si ricandidò alle presidenziali, ma ricevette solo l'1% delle preferenze e si ritirò dalla vita politica. Oltre al Nobel, Lech fu insignito altresì di diverse lauree honoris causa da parte di molte Università europee e nordamericane.  

sabato 31 marzo 2012

STORIA DELLA LINGUA POLACCA

Torniamo alla storia.
Nell'europeo occidentale, l'immagine della lingua polacca è quella di una lingua impronunciabile (in realtà è la lingua che,  dopo il rumeno, dal punto di vista fonetico, più si avvicina all'italiano, ancor più del francese o dello spagnolo), priva di vocali (altra cosa non vera, in polacco ci sono ben 8 vocali!) e impossibile da imparare per un latino (falso! io parlo polacco e sono italiano al 100%). Tenendo fuori i pregiudizi, il polacco grammaticalmente presenta tre tempi all'indicativo, presente, passato e futuro e due aspetti, perfettivo e imperfettivo (non esiste né il congiuntivo, né il gerundio, ma solo condizionale, participio, imperativo e ovviamente infinito). Introduco un attimo il discorso degli aspetti, senza dubbio il più ostico per un parlante non slavo. Il verbo in italiano, come in inglese, in francese, in spagnolo o in tedesco, si sviluppa principalmente sull'asse temporale. Importa quindi QUANDO si svolge l'azione e non COME. Viceversa nelle lingue slave si sottolinea se l'azione si è conclusa o meno. Il perfettivo (azione già svolta o conclusa o che si concluderà) al presente si traduce col futuro semplice; al passato invece o col passato prossimo italiano o col passato remoto. L'imperfettivo invece indica che l'azione non è definita: al presente traduce il presente indicativo o il gerundio presente italiano, al passato traduce l'imperfetto o il gerundio passato. All'infinito si usa per formare il futuro, un futuro tuttavia non certo, una previsione che traduce il futuro semplice o in alcuni casi il futuro anteriore delle lingue neolatine. Solo al passato, il verbo concorda, oltre che con la persona, e col tempo come in italiano, anche col genere; cambia cioè se l'azione è svolta da un maschio, da una femmina oppure da un soggetto neutro. Il sostantivo invece è più semplice: il polacco non ha l'articolo (come non ce l'aveva il latino) ma applica, così come in latino cinque declinazioni di sette casi ciascuno: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, strumentale, prepositivo (o locativo) e vocativo. L'aggettivo, come in italiano, concorda in genere, numero e caso col nome cui si riferisce. Di nuovo per un latinofono c'è che il polacco declina anche i numeri da 0 a infinito.
Filologicamente il polacco è una lingua slava occidentale, i cui parenti più stretti sono il ceco, lo slovacco, il casciubo e il ruteno. Queste ultime, insieme al polacco, ad altre lingue lechitiche e, ad alcune altre parlate nella regione a nord di Mosca, facevano parte, a detta di alcuni studiosi, del gruppo slavo settentrionale: quest'ultimo, seppure sia mai esistito, è comunque da considerarsi estinto, sia per le modificazioni avvenute all'interno del polacco e delle lingue lechitiche, date da numerose influenze latine e germaniche (il latino è arrivato grazie ai vescovi di Roma che hanno cristianizzato la Polonia e la Slavia occidentale), sia per l'estinzione di quest'ultimo gruppo, le lingue lechitiche appunto, delle quali restano solo il polacco, il sòrabo, il casciubo e il rutèno.
Il polacco, come tutte le lingue slave occidentali ad eccezione del ruteno (che usa il cirillico), scrive in alfabeto latino, con alcune aggiunte che portano il numero delle canoniche 21-26 lettere a 33. Il polacco come lingua letteraria è coevo dell'italiano: la lingua è stata infatti normalizzata tra il XV e il XVI secolo e l'ortografia è frutto di pura convenzione. Dopo l'estinzione dello Stato polacco, a partire dal 1795 fino al 1918, l'uso scritto del polacco veniva spesso proibito e sopravvisse solo grazie ai poeti e agli autori del periodo letterario della "Wielka Emigracja", cioè la "Grande Emigrazione", e del Romanticismo. Oggi il numero di studenti di polacco cresce. Questo è dovuto sostanzialmente a due fattori: il ritmo sostenuto della crescita dell'economia polacca, per porta molte aziende straniere ad investire nella terra natale di Chopin, Copernico e Giovanni Paolo II, sia per l'ingresso, nel 2004 della Polonia all'interno dell'Unione Europea. Nel nostro Paese è possibile studiare polacco nei corsi di laurea triennali delle Università di Roma (La Sapienza), Roma (Tor Vergata), Venezia, Milano (Statale), Udine, Padova, Bologna, Torino, Firenze, Genova e Napoli (Orientale), mentre quanto alle lauree specialistiche sempre a Roma (La Sapienza), Roma (Tor Vergata), Bologna, Firenze, Torino, Genova, Napoli (Orientale) e Milano (Statale).

LA LEGGENDA DI LECH, CZECH E RUS'

Cari lettori, care lettrici,


oggi lasciamo "la realtà" della Polonia per immergerci della leggenda. In particolare nella leggenda che ha portato alla nascita dello Stato polacco, che è uno dei più antichi (e anche più sfortunati) d'Europa. Breve parentesi: una leggenda può sembrare senza senso, una storiella, ma è proprio dai racconti popolari che si coglie l'essenza della cultura di un popolo. Ma torniamo ai nostri Lech, Czech e Rus'. 
La cultura slava è un universo molto più ampio, rispetto a ciò che si immagina nell'Europa occidentale. L'etnia slava è la più numerosa in Europa e non comprende solo i polacchi. La cosiddetta "slavia" parte dalla Russia più profonda, per arrivare nel cuore del Mediterraneo. Gli Slavi parlano diverse lingue, anche se non molto differenti tra loro. Un polacco può capire un ceco senza grosse difficoltà, o un russo può capire un ucraino altrettanto facilmente. Gli Slavi hanno diverse religioni: i polacchi, i cechi, i croati e gli sloveni sono cattolici. I russi, i bielorussi, gli ucraini, i bulgari, i macedoni e i serbi sono ortodossi, gli slovacchi sono  protestanti e i bosniaci musulmani. Esistono varie comunità ebraiche, soprattutto in Polonia e in Repubblica Ceca. La leggenda di Lech, Czech e Rus', cercava di spiegare ai popoli le loro tradizioni: gli slavi effettivamente non si sa da dove vengano e ora vi racconto questa nota leggenda popolare (vi dirò la versione polacca). 
Secondo la leggenda, gli Slavi ebbero come antenati tre fratelli: si chiamavano Lech, Czech e Rus'. Costoro, dalle foreste dell'Europa centrale, in Boemia, dove oggi c'è la Repubblica Ceca, partirono e presero tre direzioni diverse. Lech andò verso nord, dove oggi c'è la Polonia, Czech si stabilì in Boemia e Rus' andò verso est, dove oggi vi sono Russia, Russia Bianca e Ucraina. I tre andavano a caccia perché seguivano una preda. Lech, nell'attuale Polonia, trovò un nido d'aquila, in polacco "Gniezno", vi fondò una città, la prima città polacca e da allora l'emblema polacco è un'aquila bianca su sfondo vermiglio. Come ogni leggenda, anche questa riflette un fondo di verità. Czech diede il nome ai Cechi e Rus' alla Russia. In effetti anche questa, come tutte le leggende, riflette un fondo di verità. Nel V secolo, con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, diverse popolazioni migrarono appunto a occidente e la Polonia è effettivamente l'avamposto più occidentale della Slavia, la Polonia nacque effettivamente nel 966, quando il Papato inviò i vescovi a cristianizzare la Slavia.